Grazie a Piene Mani

Grazie a Piene Mani

lunedì 16 dicembre 2013

TWASAKIDILA WA BUNJI AD AGATA SMERALDA



L’Associazione Onlus Agata Smeralda ha donato a “Grazie a piene mani” la somma di 1.500 euro, con la quale verrà acquistata una ulteriore moto che le suore dell’orfanotrofio di Kanjuka metteranno a reddito come taxi. Il ricavato del servizio di noleggio sarà utilizzato per garantire un salario di sussistenza agli insegnanti delle scuole del villaggio, i quali al momento ricevono solo saltuariamente un compenso, non in grado da solo di permettere loro di adempiere i bisogni primari. E’ un grande passo verso la realizzazione del “Progetto istruzione”, poiché la costruzione delle sole aule a poco serve se i professori, in concreto, non sono in grado di tenere le loro lezioni, sia per una mancanza reale di energie fisiche che per l’esasperazione dovuta al fatto di non potere provvedere ai bisogni propri e della famiglia.
L’Associazione Agata Smeralda si impegna da decenni a sostenere i bambini più poveri del pianeta e ad organizzare le c.d. adozioni a distanza (sono ormai più di 10.000 i bambini che hanno beneficiato dell’opera dell’associazione!).
Siamo onorati pertanto del fatto che, seppure in un momento di crisi come quella che stiamo vivendo e in cui anche le organizzazioni umanitarie risentono ovviamente gli effetti negativi,  Agata Smeralda abbia creduto  nei nostri progetti e ci aiuti a muovere i primi passi nel cammino della solidarietà. 

Twasakidila wa bunji ad Agata Smeralda dai bambini dell'orfanotrofio Bon Samaritain di Kanjuka 



domenica 15 dicembre 2013

I PROGETTI


Per l’orfanotrofio  di Kanyuka sono stati  acquistati tavoli e sedie, nuovi materassi, sono stati costruiti gabinetti e docce, il raccoglitore di acqua piovana, due pozzi con relative pompe, il mulino, la porcilaia (sono stati acquistati 2 maiali), sono stati acquistati pulcini e galline, è stata acquistata la moto-taxi.
 Un ragazzo porta uno dei materassi acquistati nel 2013
                                 
I ragazzi si sono vestiti con i loro abiti migliori per far festa alla moto-taxi. La moto è stata data in affitto a terzi (la moto taxi è un mezzo di trasporto molto utilizzato) e con il il ricavato vengono  acquistati  cibo ed altri beni di necessità per i bambini. 
                                    
                                         Un' aula scolastica
                                 
  Con la costruzione della porciliaia e l'acquisto dei maiali, i bambini possono ogni tanto mangiare qualcosa di molto diverso e speciale...
                                 
Ogni anno portiamo i semi per piantare nuovi ortaggi. E' un modo, anche simbolico, di aiutarli a rendersi autonomi e a diversificare le loro coltivazioni 
                                
    Uno dei due pozzi di Kanjuka

Per la scuola (che serve l’orfanotrofio ed i bambini del villaggio di Kanyuka), sono state ultimate 3 aule con relativo arredo.
Per le donne del villaggio,  sono state acquistate macchine da cucire.
                                         
  Ecco Daniela con una bellissima camicia appena confezionata dalle nostre amiche del villaggio con le macchine da cucire...
                                      
Per migliorare la situazione sanitaria, oltre all’invio di medicinali, sono stati acquistati   letti e materassi per la maternità dell’Ospedale San Georges, oltre che per il dispensario del villaggio di  Kanyuka.  Costo complessivo: 4.500 euro.                         
PROGETTI ANCORA DA REALIZZARE O ULTIMARE URGENTEMENTE IN CONGO

Orfanotrofi di  Bon Samaritain e di Mere de l’Esperance 
  •     rifornimento della dispensa per almeno un pasto al giorno;
  • sostegno a distanza dei bambini (per ora  sono state fatte due adozioni).   
Scuola:
  • ·        realizzazione di altre aule (le aule necessarie sono 9, ne sono state costruite 3);
  • ·        costituzione di un fondo per garantire un minimo di stipendio agli insegnanti.
Maternità del villaggio di Kanyuka  (presso il dispensario):
  •          acquisto di un letto per il parto;
  •          acquisto di letti e presidi igienici
Per le mamme del villaggio di Kanjuka:
·        acquisto di attrezzatura per l’agricoltura 
Sostieni  il progetto che più ti sta a cuore, oppure sostieni un bambino a distanza, con modalità ed importi che vorrai mettere a disposizione … Ciò che potrai dare  aiuterà questi bambini sfortunati  a crescere in dignità ed autonomia.  

lunedì 9 dicembre 2013

LE NOSTRE FOTO




LE NOSTRE FOTO SONO SCATTATE  CON VECCHIE MACCHINETTE DIGITALI CHE NON SAPPIAMO NEMMENO USARE BENE,  MA PER QUESTO LE CONSIDERIAMO ANCORA PIU' PREZIOSE PERCHE' LE VERE FOTO SONO SOPRATTUTTO NEI NOSTRI CUORI              




Questa è una bambina del villaggio di Kanjuka in cui si trova l'orfanotrofio Bon Samaritain. I bambini - la maggior parte - non vanno a scuola e "razzolano" davanti alle loro capanne, mangiano un po' di riso, ma l'alimento principale è costituito dalla bijia, una sorta di polenta (ma molto più insapore)  fatta di farina di manioca,  verdure (per lo più foglie di patate) e poco altro...

                                       

Questi 2 bambini sono Mosè (in primo piano) e Gilbert. Vivono presso la Congregazione delle Suore a cui fa capo l'orfanotrofio, perchè più bisognosi di cure. Mosè è stato trovato abbandonato in un campo fra le capre... ed è  stato accolto dalle suore che lo hanno salvato così da una morte tragica. Ora dovrebbe avere, forse, 5 anni. Quando lo abbiamo visto nel 2012, ci ha rapito il cuore: aveva gravi problemi di crescita, non parlava (per i traumi subiti durante l'abbandono), tanta fame...L'associazione ha provveduto a farlo  curare presso l'ospedale di Kinshasa e nel 2013 Daniela lo ha trovato cambiato: è cresciuto, parla, con Gilbert e Gioele (arrivato dopo) fanno un bel gruppo di amici.

                        

              I bambini (Mosè è quello con la maglia bianca) con una volontaria nel piazzale della Congregazione                                      



   Il pallone di cuoio è ancora un sogno (forse i bambini non sanno nemmeno che esiste e nel villaggio ce ne saranno ben pochi, forse uno...), ma i palloni  di plastica che acquistiamo ogni volta che andiamo in Congo (durano giusto l'intervallo fra un viaggio e l'altro, se va bene...) vengono accolti con una grande festa. Non
 esistono altri giochi confezionati, di nessun tipo e l'alternativa alla palla di plastica è quella fatta da loro con gli stracci, come potete vedere
   
    Questa è la loro palla per giocare a calcio in mancanza di meglio...

                                         

Questo bambino, utilizzando una lattina, stecchini e tappi, è riuscito a costruirsi una bella macchinina e la esibisce con grande orgoglio...E' un peccato non poter portare giocattoli agli orfanotrofi, ma tutti i bagagli che abbiamo con noi li riempiamo di medicinali e latte in polvere, oltre a penne biro e matite. I giocattoli occupano troppo posto, ma chi sa che prima o poi non riusciremo a fare una spedizione solo di balocchi...

                                      

Questo è un gruppo di bambini dell'orfanotrofio di Kamaj. Si sono messi in posa per noi, nella speranza che da queste immagini per loro misteriose possa nascere un seme di speranza per il  futuro...

                                             


 Questo è il gruppo dell'orfanotrofio di  Kamaj ...

                                   
 Ragazzi della scuola media 

                                         
Un giovane professore con la sua "preziosissima" calcolatrice

                                   
                                       
Bambini del villaggio prima di andare a scuola. Qui le lezioni durano due o tre ore perchè la mancanza di cibo non consente agli insegnanti (pochi!) di fare lezione per un tempo più lungo...

                                         


   




                                       
Foto del dispensario-ambulatorio, dove si trova anche un letto per il parto. Nel 2011 avevano partorito qui 350 donne! Le condizioni igieniche lasciano molto a desiderare e mancano quasi tutti i medicinali (come potete vedere dagli scaffali vuoti)  compresi gli antibiotici. Siamo noi a porare qui ogni anno  la scorta dei farmaci.  I vaccini vengono acquistati da chi può permetterseli....
                                                 



sabato 7 dicembre 2013

I NOSTRI VIAGGI

I NOSTRI VIAGGI                                                   


VIAGGIO 2013                                                            

Fra qualche anno avremo più rimpianti per le cose non realizzate che per quelle realizzate e allora spiega le vele, esci dagli ormeggi tranquilli e vai” (Mark Twain)
E’ il 9 agosto 2013 e sono in Congo, veniamo qui dal 2007, in questo paese così particolare fra le terre povere delle periferie più remote.
All’aeroporto di Kinshasa (ieri 8 agosto) mi aspettava  Don Jean Pierre (sacerdote congolese cappellano a Cascia di Reggello), che mi ha preceduto di qualche giorno. I Cinesi qui,  dal 2012,  hanno portato qualche cambiamento: l’aeroporto è un po’ più ordinato, non c’è più il caos degli anni passati e  l’impatto con questa realtà, almeno in uno scalo internazionale, è un po’ meno forte. I Cinesi vengono in Congo soprattutto per l’estrazione del coltan (materiale indispensabile per gli apparecchi elettronici), la malachite ed i diamanti, che rivendono nelle gioiellerie  di  Hong Kong e di Bangkok. Da questo business  lo Stato incassa molti soldi che però non reinveste certo per migliorare la vita dei Congolesi: niente acqua, niente elettricità, niente di niente; basti pensare che gli insegnanti sono pagati 50 $ al mese e i medici 60 (sempre che vengano retribuiti …), ma questa è un’altra storia.
A Kinshasa ho alloggiato dalle Suore CIMKA (la congregazione religiosa  da cui dipende l’orfanotrofio di Kanjuka), ho rivisto e riabbracciato con commozione  Jeacques, il ragazzo  di 18 anni che Agata sta aiutando per frequentare l’università di informatica. Questo ragazzo, orfano dalla nascita, rappresenta per noi la speranza che qualche cambiamento può avvenire: è bello, volenteroso, desideroso di apprendere e di costruirsi un futuro,  sogna di terminare gli studi universitari, di lavorare, avere la famiglia che non ha mai avuto, poter aprire gli occhi su un mondo diverso. Anche lui si è commosso nell’abbracciarmi ed insieme abbiamo parlato dei passi che lo attendono per andare verso quel futuro tanto sognato.
Oggi  sono a Kananga (è qui che l’Associazione realizza la maggior parte dei  progetti). Come ogni anno abbiamo portato i medicinali (essendo sola, ho potuto portare solo 80 kg. di farmaci). Abbiamo effettuato (io e Don Jean Pierre) le consegne ad alcuni orfanotrofi, ospedali e dispensari; per queste medicine ringraziamo di cuore il Centro Missionario Medicinali,  che ogni anno ci aiuta a compiere  questa missione:  le  medicine qui  sono preziose, perché  si può morire anche per una banalissima malattia. E’ stato bello rivedere tutti i bambini, in particolare Mosè, un bambino che le suore, 5 anni fa, hanno trovato abbandonato in un campo fra le capre  (oggi dovrebbe avere 5 anni e mezzo). Fino all’anno scorso le sue condizioni di salute erano davvero critiche (pancia gonfia, crescita bloccata, non parlava)… Ora è  cresciuto, parla, è un bambino come il suo amico Gilberto (adottato a distanza da Anna), come Gioacchino e Gioele, sono diventati inseparabili: questo miracolo è stato possibile con il vostro aiuto, grazie al quale  Padre Ugo ha potuto  far  curare Mosè nell’Ospedale di Kinshasa. Siamo serviti a qualcosa: grazie! In questi piccoli riponiamo le speranze che in questo Paese qualcosa possa cambiare. La nostra associazione ha lo scopo di aiutare questi bambini  a diventare uomini e donne dignitosi ed autonomi, soprattutto con la realizzazione di  progetti rivolti alla alimentazione, all’istruzione ed  alla sanità.
Siamo felici di essere riusciti ad acquistare la moto taxi per l’orfanotrofio, che verrà data in locazione a terzi e grazie alla quale le suore potranno  ricavare settimanalmente  un reddito per le esigenze primarie dei bambini, sempre tanti,  che ci hanno accolto in un clima di grande festa.                                                     
Abbiamo anche comprato i materassi, sostituendo quelli ormai del tutto consumati.                                        

 Ma soprattutto, è stata una gran festa quando abbiamo consegnato ai bambini i palloni e le scarpe. Questi acquisti sono stati fatti grazie al contributo della classe IV “B” della scuola Mazzini di Rufina: i bambini, in occasione della loro comunione, hanno rinunciato ad un regalo a favore dei coetanei congolesi. Grazie!
Per loro si è trattato di regali speciali (qui il pallone di plastica è l’unico giocattolo che i bambini conoscono, oltre a quelli fatti di pezza), ricevuti da voi  ed a voi,  bambini, rivolgiamo   l’augurio che possiate essere sempre promotori di solidarietà e di  uguaglianza.   
                                                

Anche quest’anno sono stati piantati i semi che abbiamo portato dall’Italia (pomodori, carote, insalata, melanzane, zucchine, ecc.), ci sono stati donati dal Mulino di Poggio a Vico. Grazie! E’ un gesto che ha anche un valore simbolico (piantare un seme …) ed è  anche questo un modo per farli diventare autonomi.                                                
      
Sono stati acquistati i materassi per il reparto maternità dell’ospedale San Georges di Kananga (l’anno scorso avevamo comprato i letti). Con i letti completi di materasso, il reparto è stato inaugurato: ha un aspetto discreto, anche se mancano ancora moltissime cose … ma l’importante è che cominci a funzionare …
Ogni anno si aggiungono infiniti   bisogni fondamentali di queste persone prive di qualunque cosa e la nostra paura di non poter andare avanti è tanta, ma poi guardando i bambini riprendiamo forza e proseguiamo, goccia dopo goccia, confidando sempre nella Provvidenza e nell’aiuto delle persone che ci conoscono e che avranno modo di conoscere la nostra associazione.
Quest’anno, con Don Jean Pierre, sono andata nella foresta per conoscere una comunità di Pigmei. Non ci sono parole: strade non percorribili, sorgenti d’acqua lontanissime dal villaggio; bambini che sbucano da ogni parte e ti guardano, ti parlano (ma il loro dialetto è incomprensibile). Qui ogni mese viene Padre Augustin (anche Lui era con noi)  per portare la Parola del Vangelo, ascoltarli e parlare con loro. Ci sono solo capanne, non ci sono scuole ed i giorni scorrono tutti uguali sia per i grandi che per i piccoli nello sforzo di sopravvivere. Gli abitanti dei villaggi vicini (si fa per dire, perché qui le distanze sono oceaniche) si rifiutano il più delle volte di macinare il loro mais, perché i Pigmei sono considerati una minoranza (quindi sono, se possibile, ancora più emarginati). Abbiamo acquistato per loro lo stampo per fare i mattoni, accette e zappe. Per queste poche cose hanno fatto una grande festa, il capo del villaggio ci ha augurato tanta salute (e ci ha regalato una capra!). Anche qui i bambini ti prendono il cuore, scorgi nei loro sguardi la meraviglia nel vederti così diverso da loro, qualcuno ha paura, altri, più intraprendenti, vengono per salutarti ed allora anch’io,  sorridente e con la mano tesa per salutarli a mia volta, mi sento una di loro ed insieme inizio la mia goffa  danza di benvenuto.                                        

Ritornando ai bambini dell’orfanotrofio di Kananga, sono state acquistate le divise per la scuola. Le aule che abbiamo costruito (ancora poche) funzionano a pieno ritmo e la scuola è stata riconosciuta dallo Stato. Ci auguriamo di poter realizzare la costruzione delle aule mancanti.
Sono stati acquistati anche utensili  (accette, zappe, ecc.), che serviranno alle donne del villaggio per alleviare la loro fatica nella lavorazione della terra.
Sulla strada del ritorno dal Congo, mi sono fermata 6 giorni ad Addis Abeba da Padre Marco (missionario comboniano cresciuto con i miei figli) e con Lui sono stata nel villaggio dei Gumuz (una minoranza etiope, da Lui evangelizzata). Padre Marco ha lavorato tanto con questa comunità, ha costruito scuole e  ostelli per l’accoglienza; è aiutato dalle suore francescane, da altri missionari e da tanti giovani del luogo evangelizzati, che sono diventati a loro volta evangelizzatori ed ogni giorno raggiungono  villaggi in cui manca tutto. La gente vive in capanne, dentro c’è di tutto, compresi gli animali,  il fuoco acceso, le stuoie per asciugare le pannocchie: le norme igieniche sono inesistenti. Vecchi, giovani, bambini, animali … tutti insieme! Non riesco ancora ad accettare queste enormi differenze, con tutto quello che noi sprechiamo (a cominciare dall’acqua) queste popolazioni potrebbero vivere in modo sicuramente migliore: non è giusto che fra tante ricchezze ci sia tanta povertà,  popoli che devono camminare chilometri lungo  strade e sentieri non percorribili per tentare di vendere le loro misere cose, per andare a prendere l’acqua, curarsi, raggiungere una scuola,  là dove questa esiste. Ognuno fa la sua parte, si alzano con il buio per portare le bestie al pascolo (qui vivono di pastorizia) e rientrano con il primo buio, grandi e piccoli.

 Già, i bambini … quelli del mondo occidentale, i nostri, super coccolati, super curati, super accessoriati, super viziati … e poi gli altri: scalzi, nudi, affamati, analfabeti, sfruttati, bambini soldato, senza diritti, affacciati alla finestra del mondo … solo dall’altra parte …

Dicono che le cose impossibili possono accadere … dicono …
P.S. I viaggi per e dal Congo e l’Etiopia, il trasporto dei medicinali, nonché il contributo in denaro lasciato a Padre Marco per la Missione, non hanno in alcun modo intaccato le somme raccolte per i progetti destinati al Congo, in quanto sono stati a mio esclusivo carico. Lo stesso è avvenuto per tutti gli altri viaggi umanitari.
                                                                                                            Daniela



Viaggio  10/ 25 FEBBRAIO 2012  (Agata, Rita, Don Jeanpierre K.)

Siamo partiti per il Congo nella notte del 9 febbraio,  da Fiumicino. Le  nostre  valigie erano  piene di medicinali, il cui peso superava quello consentito. Abbiamo dovuto pagare circa 1.000 euro  per il peso extra ed a niente è valso far presente  che si trattava di medicine, il Personale dell’Etiopian Aerlines è stato inflessibile sugli importi da applicare.
Dopo una sosta nel bellissimo aeroporto di  Addis Abeba, siamo partiti alla volta di  Kinshasa, la capitale del Congo (circa 9.000.000 di abitanti!). Già l’aeroporto della città fa capire che si è arrivati in un mondo la cui arretratezza non può essere nemmeno immaginata. Con la macchina, in un traffico impazzito,  abbiamo percorso le strade di Kinshasa per arrivare alla casa dei Padri che ci hanno ospitato. E’ stato come girare per le vie di una città infernale: dappertutto melma, polvere, desolazione e miseria estrema; nell’aria vapori insalubri di immondizia bruciata, di carburanti vari provenienti da ammassi di rottami somiglianti a macchine od a  furgoni, stipati fino all’inverosimile di uomini , donne e bambini;  baracche e ripari improvvisati per vivere o vendere oggetti e servizi di qualsiasi genere.  Allo stesso tempo, si rimane impressionati dalle  persone che abitano in questo inferno, dalla dignità che traspare dai loro volti, dall’eleganza del portamento e dalla cura degli abiti dai colori sgargianti. Ti domandi: dignità o rassegnazione? Consapevolezza o ignoranza  della propria condizione miserevole? Non hanno nulla, ma sembrano avere tutto ciò che noi abbiamo ed è come se non  avessimo. Abbiamo visto queste persone, uomini, donne e bambini, in pieno giorno, muoversi in massa, indaffarati  in attività inutili,  per racimolare, forse, ciò di cui sopravvivere in giornate sempre uguali. Le abbiamo viste, il giorno dopo, alle prime luci dell’alba, ricominciare il loro esodo perenne, trasportare  le solite  misere cose, inseguendo  il ciclo di un destino ineluttabile.
Siamo quindi partiti alla volta di Kananga (circa 500.000 abitanti), con un volo interno. L’aeroporto di Kananga è, se possibile, ancora più disastrato di quello di Kinshasa. Da tutte le parti spuntano persone che vorrebbero aiutarti  in cambio di soldi, tutti chiedono “argent” e se non sei accompagnato da gente del luogo che sa come affrontare le varie situazioni, il rischio è di trovarti con un mitra puntato alla tempia o di finire  derubato. Al contrario di altri Paesi dell’Africa, infatti, il Congo non conosce il  turismo, ma solo lo sfruttamento di chi va là per concludere affari grazie alle preziose materie prime di cui il territorio dispone o per la costruzione di opere pubbliche di cui ancora non si vedono i  minimi risultati. Elettricità ed acquedotti  sono ancora un miraggio per il Congo. Esclusivamente nelle strutture come ospedali, chiese, conventi, ecc., vi sono  generatori per le singole apparecchiature, la luce artificiale è disponibile   per  circa un’ora al giorno (ammesso che vi siano i soldi per comprare il carburante) e le donne passano gran parte del tempo a trasportare acqua piovana dai depositi  alle  loro misere case.
Kananga è una città diversa, più campagna che metropoli,  un grande villaggio nella savana arborea, senza strade asfaltate,  la sabbia è rossa,  vi sono grandi alberi,  il paesaggio è quello  dell’Africa antica che hai sempre immaginato.
Ma ciò che ti colpisce a Kananga,  come in tutto il Congo,  sono soprattutto i bambini, tanti quanti i fili d’erba nei campi. La maggior parte di loro non conosce l’infanzia e appena possibile i bambini cominciano ad aiutare gli adulti nei loro duri lavori, a camminare senza sosta ai bordi della strada, trasportando pesanti fardelli,  quando va bene si prendono anche   cura dei fratelli più piccoli. Non ci sono giochi, libri, solo i più fantasiosi riescono a costruirsi una palla per giocare a calcio o a far girare una ruota con un bastone.
I bambino orfani o abbandonati dai genitori trovano spesso rifugio negli orfanotrofi. La gestione è affidata alle Suore delle Diocesi. Abbiamo conosciuto e condiviso la miseria di due di questi orfanotrofi: quelli dei villaggi di  Kanjuka e di Kamaj, complessivamente una sessantina di bambini.   Vengono nutriti con lo stretto necessario, i più grandi si prendono cura dei più piccoli, ma, ciò che è più importante, frequentano la scuola che fa capo alle  Congregazioni. Alla scuola  affluiscono anche i bambini del villaggio, che altrimenti rimarrebbero  analfabeti. Uno dei problemi più gravi per il Congo, è proprio la mancanza di istruzione per l’assenza di scuole. A ciò si aggiunge il problema degli insegnanti, i quali spesso non sono pagati  oppure vengono  retribuiti con quel poco di denaro  che solo alcune famiglie possono permettersi di destinare alla  scuola dei figli. Un giovane professore ci ha confidato  che a causa della  fame non riesce a fare lezione. I bambini non hanno libri, è l’insegnante che istruisce direttamente i ragazzi, a voce o scrivendo alla lavagna. I bambini copiano e trascrivono fitto fitto su miseri quaderni, sempre che riescano ad avere una penna a disposizione.  Eppure hanno tanta voglia di apprendere, si applicano con serierà e, nonostante la mancanza di ogni tipo di supporto (libri, cartine geografiche, computer, penne, quaderni, etc.), riescono a sorprendere per i risultati che  hanno dimostrato di poter raggiungere.                     
Uno dei bambini dell’Orfanotrofio del Bon Samaritain, di nome Mosè, è stato trovato in un campo da una suora,  quando aveva un’età  imprecisata (forse un anno), in uno stato di completo abbandono. Ora ha (forse) 5 anni, ma la statura è quella di un bambino di 2, ha il ventre gonfio, è furbo ed intelligente, due grandi occhi e uno  sguardo dolcissimo. Non parla, si limita a ripetere semplici sillabe, ma nel periodo in cui siamo stati con lui ci ha dimostrato che avrebbe tanta voglia di farcela. Durante la nostra permanenza a Kananga, Mosè ha avuto dissenteria e vomito, la sua pancia si è gonfiata a dismisura. Abbiamo convinto le Suore a portarlo all’Ospedale Generale, ovviamente a nostre spese. Dopo aver pagato vari ticket, nel giro di 10 minuti (lì non ci sono file di attesa, nessuno va all’ospedale per esami o visite), è stato visitato, in una struttura fatiscente e priva di tutto, da un’”equipe” di medici (o comunque Personale in camice bianco), coordinati da una specie di “santona” con un turbante in testa e senza camice, che, sempre rimanendo seduta e senza mai toccare il bambino , “sentenziava” frasi dal significato per noi oscuro. Nessuno dei medici conosceva i fermenti lattici, alla fine della visita hanno prescritto bactrim e vermifugo.   L’unica consolazione è stata quella di poterlo abbracciare ed accarezzare durante il tempo che siamo rimaste lì (non più di mezz’ora).  L’amore e l’affetto sono una terapia  importante, ma il nostro sogno è che Mosè possa venire un periodo in Italia per avere cure mediche adeguate, perché siamo sicuri che i suoi problemi siano risolvibili. In Burkina Faso esiste una struttura dove i bambini con il ventre gonfio vengono ricoverati per un mese, ricevono cure e la prescrizione di una dieta proteica che devono seguire al rientro nelle case. Quasi sempre riescono a guarire ed è quello che noi vorremmo  per Mosè, tentare di rendergli i suoi diritti, la sua salute, la sua voce…
Poi abbiamo conosciuto Jacques, 17 anni,  orfano dalla nascita, un  ragazzo bello, sano, studioso,  istruito, educato come chi vive in ambienti raffinati. Studia all’Istituto Tecnico, indirizzo “informatica”,  ma non vede quasi mai un computer, conosce  discretamente l’inglese ma ha  solo il  dizionario. Anche Lui per noi è un sogno, un simbolo, una speranza:  aiutarlo a costruirsi un futuro vorrebbe dire idealmente  aiutare tutti i bambini del Congo e riscattarli da un destino miserevole che non meritano. 

Vicino all’orfanotrofio, si trova un ambulatorio medico, una specie di “ospedaletto” sul territorio, dove gli abitanti dei villaggi circostanti  si recano per cure varie e dove le donne vanno spesso a partorire. Lo gestisce una suora della Congregazione. Pensate che nel mese di gennaio ha effettuato 64 parti! Le medicine che abbiamo portato sono state messe su scaffali quasi completamente vuoti, tutto manca, tutto è arrangiato alla meno peggio.
Ma torniamo indietro, al 10 febbraio, quando pian pianino  siamo arrivati fin qui… in Congo. Quest’anno si è aggiunta ai nostri progetti, iniziati ormai nel 2007, Agata, cara amica e compagna volontaria dell’associazione “Agata Smeralda”, nonché autrice del breve “reportage” che avete appena letto. Pensiamo all’Italia alle nostre città, al nostro quotidiano frenetico e distratto, ai nostri piccoli, coccolati spesso viziati,curati e la contrapposizione è forte...Come potete constatare, Agata è rimasta sconvolta da quello che ha visto e sta vivendo in questi giorni (la stessa cosa è stata vissuta da noi che l’abbiamo preceduta nei viaggi). Continuiamo a ripetere che non è possibile, non è possibile vivere così, senza nessuna dignità,in una terra dove le ricchezze del sottosuolo potrebbero garantire “la vita”, viene da domandarci se merita davvero continuare a venire per attuare questi piccoli progetti. In cuor nostro c’è il sogno e il desiderio grande di andare avanti, ma , spesso, lo scoraggiamento per i tanti, troppi problemi e complicazioni che ogni volta troviamo prendono il sopravvento e …saresti tentata di mollare, ma poi pensiamo a quel poco che abbiamo già fatto, ai tanti medicinali che ogni volta portiamo e distribuiamo per le varie necessità. In questo viaggio i medicinali sono stati distribuiti: Ospedale S. Georges, Don Giovanni per Ospedale Kinshasa, Orfanotrofio Bon Samaritain-Kanjuka, orfanotrofio Kamay, Monastero Benedettino di Malandji, Suor Angelica. Ringraziamo di vero cuore Massimo, Presidente del Centro Medicinali Missionario, tutti i colleghi volontari che ci hanno aiutato , come ogni anno, a prepararli (portarli non è stata un’ impresa facile, ma anche questa volta la Provvidenza ci ha aiutato).I medicinali rappresentano un vero tesoro per queste terre dimenticate dagli uomini dove si muore anche per banali malattie che da noi possono essere curate facilmente. Poi pensiamo ai bambini, vedi i loro sguardi,le loro attese e nei loro occhi scopri anche la speranza che qualcuno possa fare qualcosa per loro, solo per loro senza pensare ad interessi propri, senza altri secondi fini. In questo mondo, sempre più attratto da fantasmi di vanità e potere, pensi a tutti i bambini che scavano nelle miniere, che cuciono i palloni, che imbracciano le armi, che camminano sulle mine, bambini che vengono spogliati dei loro sogni e allora ci vengono in mente i palloni che ogni anno compriamo al nostro arrivo, uniti alle scarpe e ai vestiti,tutti quei pennarelli con le penne, lapis e le gomme che li fanno sentire ricchi e felici per quella piccola goccia che in quel momento è per loro e li vede protagonisti e sogni un mondo che si fermi ad ascoltare le loro voci…e…riparti pianino pianino per arrivare un po’ più in là, ringraziando tutti per l’aiuto, per l’amicizia, per la volontà di bene e per essersi uniti a noi per farci camminare qui in Congo…a Kanjuka, Kamay, Kinshasa, per poter continuare a toccare i sentimenti di questi piccoli allungandoci, tirandoci, alzandoci sulla punta dei piedi per non ferirli ancora…per aiutarli a crescere, per poter vedere un futuro che ci auguriamo sia migliore…
…”I graffi del cuore non si vedono, si leggono…negli occhi…”
Grazie a piene mani … twasakidila wa bunji

AGATA,ANNA,DANIELA,RITA